Cave e miniere: la classificazione è ancora attuale

Affronto l'argomento della classificazione in Italia delle lavorazioni  minerarie nelle due categorie, delle miniere e delle cave, come individuate dall'articolo 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, per riprendere e ampliare delle considerazioni in merito al significato attuale della differenziazione  a livello legislativo delle attività estrattive in base esclusivamente a criteri merceologici e delle relative implicazioni giuridiche ed economiche. Evidenzio che il regio decreto 1443/1927, per la peculiarità e l'importanza dell'argomento trattato e per essere l'unica fonte normativa statale relativa al settore estrattivo, ha superato l'esame delle norme taglialeggi, che hanno soppresso la quasi totalità della legislazione statale risalente a prima della seconda guerra mondiale.
Alla luce degli orientamenti comunitari in materia di politica delle materie prime occorre rivedere in modo deciso, puntuale e moderno, la graduazione strategica delle attività estrattive in Italia, che attribuisce rilevanza strategica nazionale alle miniere, per tenere conto delle criticità e delle nuove opportunità di sviluppo legate alle necessità emergenti dell'approvvigionamento dei minerali a livello nazionale.
Certamente la classificazione delle attività minerarie in due categorie attuata nel 1927 rispondeva ad esigenze produttive e di salvaguardia di attività estrattive considerate strategiche, e quindi da tutelare e favorire, oggi non più esistenti: l'estrazione di minerali metallici, ferrosi e non, presente allora in importanti distretti minerari nazionali, rappresentava una necessità e una opportunità inscindibili per l'economia nazionale, unitamente ad alcuni minerali industriali, essenzialmente legati all'industria siderurgica, ceramica e del cemento.
Il regio decreto n. 1443/1927 rappresenta un esempio insuperato di semplicità, di certezza espositiva e di scelta legislativa. In pochi articoli, straordinariamente brevi e di immediata applicabilità, sono stati enunciati i principi fondanti delle scelte amministrative per il settore minerario, che sono stati applicati, dalle strutture statali e dalla funzione giurisdizionale, per circa ottanta anni senza difficoltà alcuna e senza la necessità di un regolamento attuativo, pur previsto dal regio decreto stesso, ma mai emanato. La struttura chiara e lineare del regio decreto 1443/1927 ha permesso di operare in assenza di vincoli burocratici soffocanti ed ingiustificati, con chiarezza di ruoli e di obiettivi.
L'elevata qualità formale del regio decreto non può sopperire, però, ai cambiamenti sostanziali verificatisi sul sistema produttivo nazionale e alle intervenute esigenze di tutela dell'ambiente, del paesaggio e della biodiversità, non presenti al momento dell'entrata in vigore dello stesso regio decreto. 
Il tessuto delle aziende estrattive oggi risulta profondamente modificato. Quasi tutti i distretti minerari per l'estrazione dei materiali ferrosi risultano dismessi, pur con qualche timido accenno di ripresa produttiva, per esaurimento dei giacimenti o per la non economicità dello sfruttamento minerario, mentre alcuni minerali industriali, di importanza marginale nel 1927, hanno acquisito una rilevanza fondamentale per lo sviluppo produttivo nazionale.
Un esempio particolare della difficoltà concreta di applicazione del regio decreto n. 1927/1443 è rappresentato dalla classificazione di alcuni minerali industriali che possono avere contemporaneamente un impiego industriale quale minerale di cava o di miniera, e se ne riportano gli esempi.
L'attività estrattiva di feldspato è considerata di prima categoria se il minerale estratto è destinato all'industria in considerazione delle caratteristiche basso fondenti del feldspato stesso, o di seconda categoria se lo stesso minerale è impiegato come pietrisco per l'industria delle costruzioni. L'affermazione precedente, che non è riportata nel regio decreto n. 1443/1927, deriva da un discutibile parere del Consiglio Superiore delle Miniere, soppresso da oltre venti anni, e ha portato ad interpretazioni non sempre convergenti, non essendo previsto un tenore limite di contenuto in feldspato nella roccia.
La marna da cemento, già presente in giacimenti minerari nelle proporzioni di argilla e calcare idonee alla fabbricazione del cemento, è oggi esaurita, per cui il Consiglio Superiore delle Miniere, con un parere salomonico, ha definito essere marna da cemento quella roccia con un tenore in argilla e calcare tale da far ricomprendere l'indice di idraulicità tra i valori numerici 0,3 e 0,7, senza che ciò possa derivare da una concreta giustificazione tecnica o scientifica.
La differenza sostanziale tra attività di miniera e di cava, dal punto di vista concettuale, risulta estremamente chiara: le miniere sono di proprietà dello Stato, quale patrimonio indisponibile (ne è previsto a breve il trasferimento alle Regioni), mentre le cave sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo, in linea, in quest'ultimo caso, con le previsioni di cui all'articolo 826 del Codice Civile. L'attività estrattiva di miniera non deve incontrare alcun limite per il principio di proprietà, in quanto il giacimento di un minerale di prima categoria appartiene allo Stato, ed il privato non può reclamarne il possesso.
Oggi l'effetto concreto dell'appartenenza delle attività di prima categoria al patrimonio indisponibile dello Stato risulta evidente agli occhi degli operatori e dei funzionari pubblici che si occupano di procedimenti amministrativi e controlli: le miniere hanno una evidente difficoltà di accettazione nel tessuto amministrativo locale, per la loro particolare condizione di apparente favore, destinata a tramutarsi talvolta in ostilità da parte delle Amministrazioni Locali e della cittadinanza.
Le attività di miniera non godono di particolari facilitazioni amministrative e gestionali: devono rientrate all'interno dei Piani Territoriali Regionali, dei Piani Paesistici Regionali, della normativa in materia di Natura 2000, dei Piani Regionali per l'Inquinamento dell'Aria, dei Piani Urbanistici, etc. Salvo casi particolari, la pianificazione regionale non tiene conto della potenziale presenza di giacimenti minerari sfruttabili, non avendone, peraltro, chiara e completa informazione da parte degli operatori o degli Enti Pubblici con specifica competenza nel settore estrattivo.
Non è possibile, né risulta mai effettuata, la riclassificazione di una attività mineraria in attività di cava, mentre solo una volta, nel caso particolare della olivina, è stato fatto il percorso inverso, con grandi problemi amministrativi in sede di attuazione del provvedimento di riclassificazione.
Solo al momento della dismissione di una miniera, la miniera stessa e le relative pertinenze, qualora permanga una ragionevole certezza circa la una ripresa produttiva a breve termine, sono trasferite all'Agenzia del Demanio quale patrimonio indisponibile dello Stato: da quel momento gli immobili, le attrezzature, gli impianti e la stessa struttura mineraria sono completamente abbandonate a se stesse, anche diventando un pericolo per la comunità.
Oggi tutta l'attività estrattiva, di cava e di miniera, rientra tra le competenze istituzionali delle regioni, le quali, però, non hanno titolo per procedere ad eventuali riclassificazioni, né per modificare il concetto stesso di cava o miniera, trattandosi di principi basilari affermati dal Codice Civile, la cui modifica rientra tra le competenze esclusive dello Stato. Non rispetta il principio precedente, per ignoti motivi, la legge della regione Calabria n. 40 del 2009, che classifica tra le attività di miniera anche quelle relative alla estrazione di pietre ornamentali, marmi, graniti, quarzo e sabbie silice, farine fossili, attribuendole al patrimonio indisponibile della regione stessa.
Le regioni hanno tutte legiferato in materia di cave, essenzialmente trascurando le problematiche produttive a base della previgente legislazione statale, in parte riapplicando alle attività di cava stessa quelle relative alle attività di miniera (si veda ad esempio la previsione dell'istituto del permesso di ricerca di cava, già previsto per le miniere, di cui non se ne comprende la motivazione e la necessità). Inoltre, è stato ampliato, modificato e integrato, per le attività di cava, l'istituto della concessione mineraria, già previsto come possibilità residuale in caso di inerzia del proprietario del suolo dall'artico 45 del regio decreto n. 1443/1927.
L'istituto della classificazione delle attività estrattive  nelle categorie di miniera e di cava, nell'attuale stato della legislazione nazionale e  regionale, ancora, non risulta adeguato alle necessità della sostenibilità  del settore delle materie prime, secondo i noti principi economico, ambientale e sociale.
Si riscontra una sempre più ridotta accettazione sociale relativa alle occupazioni temporanee e agli espropri previsti dalla legislazione statale e  regionale per attuare il regime di concessione generalizzato per le miniere e limitato a specifiche situazioni per le cave. I proprietari dei terreni, nella gran parte dei casi, non intravedono e comprendono un interesse pubblico alla coltivazione mineraria, e ricorrono sempre più spesso all'autorità giudiziaria amministrativa. L'esiguità dei compensi previsti per i proprietari dei terreni, ormai non in linea con la legislazione nazionale sugli espropri, soprattutto per il settore di cava, è stata considerata in modo particolare dalla magistratura amministrativa, che ne ha ravvisato una violazione dei diritti costituzionali, chiedendo il pronunciamento della Corte Costituzionale, il cui pronunciamento è atteso a breve.
A livello comunitario le attività estrattive sono considerate in modo unitario, all'interno della politica delle materie prime, in quanto si ritiene che ogni minerale abbia un suo uso e una sua funzione specifica nel sistema produttivo europeo, senza privilegiare particolari tipologie merceologiche. All'interno della politica comunitaria è prevista, inoltre, una specifica azione per la riduzione del consumo di materie prime di origine mineraria, mediante azioni di riciclo o riutilizzo, nonché della sostituzione di materiali ad elevato impatto con altri di più ridotta interferenza con l'ambiente.
Pur nell'unitarietà di una politica delle materie prime, non possono essere trattati secondo gli stessi principi normativi tutti i materiali oggetto di attività estrattiva, per i differenti impatti sull'ambiente e sul paesaggio, per la differente struttura economica delle aziende produttrici e di quelle utilizzatrici, per il diverso significato commerciale delle attività estrattive, legato alla particolare richiesta del mercato e alle sue dimensioni.

  • Appare ormai riconosciuto a livello internazionale che una suddivisione ideale delle attività estrattive possa essere inquadrata in base alle seguenti tre tipologie:
  • Attività estrattive di minerali metallici
  • Attività estrattive di minerali industriali
  • Attività estrattive di materiali da costruzione

A livello europeo l'articolazione della composizione delle Associazioni degli Industriali rispetta sostanzialmente la precedente suddivisioni, raggruppando quelle nazionali similari.
I tre gruppi di attività estrattive dovranno essere  differenziati dal legislatore con riferimento alle fasi di programmazione e pianificazione, di Valutazione Ambientale Strategica, di certificazioni ambientali, di compensazioni e mitigazioni ambientali, di rapporto con la legislazione urbanistica, di vincoli territoriali derivanti dalla programmazione regionale e dall'applicazione di Natura 2000.
La suddivisione secondo le tre tipologie estrattive deriva razionalmente da una comunanza di problemi ambientali, di gestione delle attività, di utilizzo dei minerali estratti e lavorati, di formazione di discariche minerarie, di sicurezza dei lavori, di programmazione e pianificazione.
Sono disponibili approfondite valutazioni di tipo economico della struttura produttiva delle aziende operanti a livello nazionale, effettuate dal CRIET all'interno del Laboratorio Materie Prime, che possono certamente essere usate per definire l'impatto sul sistema produttivo che una eventuale riorganizzazione normativa in base alle tre categorie sopra richiamate potrebbe rappresentare.
Nel corso dell'anno 2014 la Commissione Europea ha reso disponibile un studio di dettaglio a livello comunitario circa l'individuazione di minerali strategici a livello comunitario, in relazione alla scarsità di produzione all'interno dell'area comunitaria e alla aleatorietà dell'approvvigionamento in paesi extracomunitari, per motivi politici o di sicurezza.
Lo studio di cui sopra, di estremo interesse per gli operatori e per le Amministrazioni Pubbliche dell'UE, aggiorna un analogo studio dell'anno 2010 e fornisce elementi concreti per operare a difesa degli interessi comunitari.
Analogo studio dovrebbe essere condotto a livello nazionale, al fine di fornire alle Regioni, cui compete l'attività di programmazione e pianificazione delle attività estrattive di cava, i necessari strumenti per favorire lo sviluppo delle attività a maggior rilevanza strategica operanti sul territorio nazionale. Lo studio potrebbe avere rilevanza anche per l'inserimento delle attività estrattive all'interno di una nuova classificazione. 
Si tratta di un compito estremamente gravoso ma necessario da assolvere, finalizzato alla individuazione dei parametri di tipo economico, ambientale e sociale che determinano la strategicità di alcune lavorazioni e quindi perseguendo un obiettivo e un modello di sviluppo che tenga conto di tali parametri.
Perché il settore delle attività estrattive possa risentire positivamente dell'intervento legislativo e programmatorio della Pubblica Amministrazione occorrono professionisti validi e competenti, formati dalle Università attraverso piani di studio che comprendano le materie di riferimento per una effettiva attività professionale sul territorio. Attualmente la formazione universitaria propone una offerta fortemente carente in termini di competenze minerarie per la programmazione dello sviluppo del settore estrattivo e per la progettazione e gestione dei siti minerari, mentre appare sufficiente per le fasi legate al recupero e al riciclo delle materie prime.
Quale conclusione e auspicio, ritengo necessario e urgente che a livello nazionale si riveda in modo radicale il sistema della classificazione in categorie delle attività estrattive, quale elemento sostanziale per una nuova proposta di legislazione mineraria. L'attuale formulazione, ancorché non essere il linea con gli interessi e gli obiettivi per lo sviluppo delle attività estrattive, per vetustà di formulazione e mancata considerazione dei vincoli e degli obiettivi di un moderno modello di sviluppo nazionale, costituisce un ostacolo anche all'apertura e all'esercizio di nuove miniere, che finiscono con il non essere considerate, e quindi trattate come corpo estraneo, all'interno della pianificazione che tutte le regioni attuano per l'ordinato sviluppo del territorio.