Legge Cave Regione Piemonte: osservazioni

Osservazioni personali del Prof. Mauro Fornaro, in margine alla Legge Regionale Piemontese sulle cave (l.r. n°23 del 17/11/16)

La pubblicazione dell'articolo del Dott. Pierpaolo Varetto, a pag. 13, di notevole attualità per le cave in attività del Piemonte, ma anche di sicuro interesse per l'intero quadro legislativo nazionale, in continua evoluzione nelle diverse regioni italiane, offre un primo spunto per alcune pertinenti osservazioni: del tutto personali, pur con qualche manifesto collegamento ad aspetti e considerazioni di carattere condiviso e più generale.
La Redazione di PEI, nell'intento di allargare il più possibile il quadro conoscitivo specifico offerto ai lettori, in collaborazione con ANIM, intende dare ampio spazio ad un costruttivo, aperto confronto, per il settore estrattivo, fra le diverse situazioni operative venutesi a stabilire nel Paese, al fine di una verifica sul campo della attuale congruità degli strumenti normativi vigenti, nella possibile ricerca di un comune modus operandi amministrativo, così da mitigare, se non del tutto superare, nel seguito, indubbie quanto, oggi, inaccettabili discrepanze originate dalla "storica", perdurante mancanza di una comune, ma ormai del tutto tardiva "legge quadro" nazionale.
- Riconoscimento, anzitutto, del costruttivo contributo, offerto dalle diverse Associazioni di categorie interessate - attraverso Confindustria stessa - in occasione delle frequenti ed impegnative consultazioni , avvenute durante il lungo periodo di formazione dello strumento legislativo e di laboriosa stesura dell'articolato testo "definitivo", volendo tener conto anche di precedenti disegni di legge, opportunamente (e doverosamente) in parte, ripresi.
- Compiacimento sul fatto che sia stato ancora chiaramente ribadito il carattere esclusivamente "idraulico" - cioè di competenza del PAI - delle escavazioni nei corsi d'acqua; così come la gestione delle risulte derivanti. Posizione tecnico-amministrativa ancor più fondata, se si pensa alle recenti "verifiche idrauliche" che il Po - motu proprio - ha voluto fare sul territorio, comprensivo delle zone estrattive limitrofe al corso d'acqua medesimo. Per inciso, pare sia stata confermata, da un lato, la relativa, scarsa influenza diretta degli scavi estrattivi autorizzati sulla esondazione stessa, peraltro di carattere senz'altro eccezionale; mentre, dall'altro, si deve forse dire "grazie" alle storiche cave presenti in area perifluviale - i cui impianti a servizio hanno subito danni rilevanti - se le acque, per effetto di una pur limitata laminazione, hanno risparmiato altre zone urbanizzate nelle periferia metropolitana... D'altra parte, proprio la attenta gestione delle cave della fascia protetta del Po, a sud di Torino - imposta dalla presenza di un Ente per la valorizzazione naturalistica delle aree estrattive, ancor prima della loro dismissione, ha permesso, al contempo, un migliore recupero della risorsa mineraria e la progressiva sistemazione dei siti, secondo progetti mirati di largo respiro ma con ambiziosi obiettivi di riuso - in parte già raggiunti - evitando comunque abbandoni di sponde franose e di zone asciutte degradate e fuori controllo. Occorre altresì ricordare che tale fascia - assai importante storicamente, nel quadro del reperimento, non solo metropolitano, dei misti alluvionali di qualità - fu approfonditamente studiata da competenti Istituti universitari, per conto del medesimo Settore Regionale, dando luogo ai protocolli tecnici, per la caratterizzazione e la tutela delle falde acquifere, attualmente in uso. Proprio l'esempio del Po potrebbe quindi suggerire, in fase di predisposizione del PRAE, una strategia congenere di applicazione: su aree vaste non tutte adeguatamente coltivate, suscettibili non solo di ancor significativi recuperi minerari, ma soprattutto di interessanti sistemazioni e riusi naturalistici.
- Soddisfazione che la Regione dica prioritariamente di volere - attraverso una prevista, idonea Pianificazione, tutelare le risorse estrattive (almeno quanto altre risorse, pure presenti sul territorio) di riconosciuto, pubblico interesse. Purtroppo si deve ancora constatare, nel nuovo testo di legge, un sempre carente riferimento ai forti richiami provenienti dalle normative ed alle tante raccomandazioni comunitarie, in tema di politica unitaria delle Materie Prime viepiù caldeggiata invece dalla Commissione Europea, presso tutti gli Stati! Ed in tal senso, gli stessi organismi universitari torinesi, già correttamente interpellati in sede referente, si erano voluti esprimere anche sulla necessità nazionale di conformare, il più possibile, le leggi regionali ai diversi dettami comunitari sulla "sicurezza" degli approvvigionamenti delle Materie Prime, in generale: sia a livello pianificatorio che autorizzativo, riducendo così anche la dipendenza da fuori e favorendo uno sviluppo "sostenibile".
- Rammarico che l'ancor valido, esistente DPAE piemontese (a. 2000), pur sempre applicato, di fatto, nei suoi riconosciuti e perciò ancora condivisi principi generali costitutivi, non abbia potuto rappresentare (come era nei programmi della Regione) un primo passaggio tecnico per una successiva ma tempestiva pianificazione provinciale, coerentemente "mosaicata" a scala sub-regionale: ancor prima dell'attuale, "grafica" delimitazione territoriale (espressione più di formale compromesso geografico che sostanziale) degli ATO, ma con indubbio risparmio di tempi e di costi...
- Condivisione nella scelta tecnica effettuata per la struttura dello strumento pianificatorio estrattivo: ancora effettivamente ripartito su tre, riconosciuti comparti produttivi, ossia "aggregati litoidi", "materiali lapidei", "minerali industriali", pur col rammarico, non solo accademico, di una impropria denominazione - rimasta nel testo di legge finale - dei comparti stessi: "aggregati per le costruzioni e le infrastrutture", "pietre ornamentali" e "materiali industriali"; non tutti precisi ed esaustivi, se solo si pensa, nel settore delle pietre dimensionali, alle coperture in genere ed alle tante, possibili loro funzioni strutturali; ma soprattutto impropria risulta la stessa denominazione di "materiali" per il settore di uso industriale, trattandosi piuttosto di "minerali" atti a produrre dei materiali (persino pietre artificiali) o semplicemente per la fornitura di sostanze chimiche industriali di base...
- E' opportuno peraltro - anche linguisticamente - osservare che la già menzionata tutela mineraria, raccomandata agli Stati Membri dalla stessa Comunità Europea, deve essere - in sé ed a priori - rivolta alle riconosciute aree giacimentologiche, potenzialmente estrattive qualora le condizioni tecniche ed economiche ne consentano la corretta valorizzazione estrattiva! Tale "scolastica" definizione, specifica di settore ma di generale accezione in tutti i Paesi del mondo, permette di ben comprendere il differente significato, assai importante per una pianificazione, fra "Risorsa" e "Riserva" minerarie.
- Dispiace peraltro che, pur con una certa lungimiranza amministrativa, la Regione avesse, non molto tempo fa, commissionato (ad un collegato Istituto di ricerca competente) uno specifico studio, "propedeutico" nelle intenzioni per una prossima stesura di un PRAE, sotto chiara forma di "Linee Guida": documento riguardante i criteri da ritenersi oggi più idonei per una corretta pianificazione estrattiva, comprendente - tra l'altro - definizioni pertinenti (quali i concetti di "Bacino", di "Polo", di "Unità" di cava ecc.) nonché mirate indicazioni metodologiche per la determinazione dei c.d. "fabbisogni" estrattivi di materie prime, volendosi piuttosto perseguire un "sostenibile" consumo di risorse, più che un astratto risparmio di suolo. (Ed infatti, da un lato, è possibile - almeno nel settore specifico degli aggregati, anche un utilizzo parziale e controllato di riciclati ed altri materiali "alternativi"; mentre, dall'altro, una corretta e... cauzionata sistemazione finale della cava può restituire, di fatto, un nuovo terreno, anche diversamente riutilizzabile!).
Di tali Linee Guida, tuttavia, non si è fatta menzione nella Legge, intendendo forse fare opportuno riferimento ad esse nel'annunciato suo Regolamento, se non direttamente nel PRAE medesimo: strumento peraltro "caricato" dei molti approfondimenti necessari per la prevista (VAS) Valutazione Ambientale Strategica. Ed in effetti le Linee Guida citate potrebbero ora rappresentare - in termini davvero propedeutici - un prezioso riferimento per l'aggiornamento del pur valido documento programmatico DPAE, di cui la Regione Piemonte ha provvidenzialmente potuto disporre per oltre 15 anni. Purtroppo, l'assai lungo testo legislativo, ora approvato, risente tuttavia, in chiara evidenza, della mancanza di precise e condivise definizioni dei termini tecnici, peraltro in esso già utilizzati!


L'articolo è stato pubblicato a pag 39 del n.627/2017 di Quarry and Construction...continua a leggere