Vincere sulla natura

All'interno della base militare del Porto di La Spezia l'azienda ortana Geotevere srl è impegnata nel consolidamento delle banchine attraverso l'infissione di 300 micropali a 14 metri di profondità. Attori imprescindibili: un martello fondo foro RH510r di Sandvik da 6'' con punta M65 da 178 mm, un motocompressore Doosan Portable Power 12/154 e tutto il supporto e la professionalità di Air Service srl


Sottrarre la terra al mare. Sono tanti gli esempi di terra sottratta al mare, dai Paesi Bassi, a Honk Kong, a Singapore... ma si strappa la terra al mare anche per bonificare zone paludose o per realizzare moli e ampliare porti. Ma non quello di La Spezia, dove nella seconda metà dell'800 è avvenuto l'esatto contrario: si è scavato l'entroterra per consegnarlo al mare. La creazione di bacini artificiali rientrava nel progetto di Cavour di costruire nel golfo spezzino una nuova base navale. E così fu, tanto che l'area a tutt'oggi è, non solo appartenente alla Marina Militare, ma in piena e costante attività.
Inondare però un terreno non soggetto alla presenza d'acqua ha generato nel corso dei decenni (e ormai si parla di più di un secolo e mezzo) una particolare, e inevitabile, erosione per scalzamento delle opere marittime. Ecco quindi entrare in azione la Geotevere srl, azienda ortana, chiamata in subappalto dalla Gral Costruzioni srl, mandataria della Marina Militare per l'esecuzione del risanamento delle banchine costituenti le opere marittime dello stabilimento Arsenale. Le banchine in questione si trovano all'interno della seconda darsena e sono quattro, indicate come calate Est, Calderai, Cavour e Chiodo, per le quali la Geotevere srl sta realizzando una serie di 300 micropali a una profondità di 14 metri su un terreno geologicamente complesso. Imprescindibili attori di questo cantiere sono stati il martello fondo foro Sandvik RH510r 6'' con punta M65 da 178 mm, il motocompressore Doosan Portable Power 12/154 e soprattutto il prezioso supporto del personale di Air Service srl. Per prima cosa analizziamo da vicino le varie fasi dell'opera.
Come ci spiega Adriano Bonifazi, Amministratore della Geotevere srl: "Con lo scopo di ricostruire lo schema strutturale delle banchine più sollecitate dalle attività militari portuali di ormeggio, carico e scarico delle navi, nonché per via dell'azione delle correnti marine e della natura stessa del materiale su cui poggiano, quello che stiamo realizzando è un intervento di vera e propria cucitura dei blocchi costituenti la banchina stessa, attraverso perforazioni a -14 m finalizzate all'alloggiamento di micropali di tipo tubfix, rinforzati con un profilato tubolare 101,6 x 8mm, acciaio S355, iniettati in pressione e inclinati con un angolo di 10°, così da garantire una migliore intersezione/cucitura degli elementi. La fila di micropali - prosegue - è realizzata ad una distanza minima di 1,15 m dall'attuale bordo banchina, con l'interasse longitudinale pari a 2,00 ml. Al momento - specifica - abbiamo messo in sicurezza solo la calata Calderai, realizzando 77 micropali da novembre a fine dicembre 2017".
In attesa che sia completata la bonifica profonda richiesta dalle Autorità di controllo a scopo precauzionale, visto l'ingente bombardamento che l'Arsenale ha subito durante la Seconda Guerra Mondiale e vista la perforazione profonda ben 14 metri che la Geotevere si appresta a realizzare sulle restanti banchine, ad iniziare dalla calata Est, occorre sottolineare che il normale iter del cantiere si è scontrato e si scontrerà anche con quelle che sono le esigenze di una base militare in funzione, con navi che entrano ed escono e con improvvisi ordini di sospensione delle attività per ovvie ragioni militari.
Ma la sfida più impegnativa che la Geotevere srl ha dovuto affrontare è stata dal punto di vista geologico, in quanto le caratterizzazioni fornitele dalla mandante riguardanti la stratigrafia del terreno indicavano una parte culminante di conglomerato bituminoso su fondo di ciottoli poggiante su sabbia debolmente limosa con ciottoli gravante a sua volta su un fondo di argilla sabbiosa/sabbia argillosa. In realtà, come ci spiega Bonifazi: "le caratterizzazioni del terreno in nostro possesso riguardavano l'entroterra e non la banchina, mai perforata in precedenza, pertanto ci siamo trovati ad affrontare una situazione quasi del tutto differente: abbiamo fatto un carotaggio e abbiamo potuto constatare che il calcestruzzo molto ricco di inerti di natura metamorfica era durissimo, al punto che ogni metro e mezzo consumavamo una corona, quindi per far 4 metri abbiamo consumato ben 3 corone: indubbiamente occorreva procedere con una perforazione a distruzione di nucleo con martello fondo foro. Così è stato - procede Bonifazi - e grazie alla collaborazione con Air Service srl, abbiamo potuto usufruire di strumenti altamente performanti come il martello fondo foro Sandvik RH510r e il motocompressore Doosan Portable Power 12/154 che, lavorando all'unisono, ci hanno consentito di portare a termine il lavoro anche avvalendoci di un escamotage inusuale".
Infatti, finché si operava all'interno dei blocchi (quindi fino a - 4,5 m) non sussistevano problemi di tenuta del foro dato che il materiale era di natura cementizia e quindi, anche se perforando ad aria il foro si riempiva di acqua (filtrante tra un blocco e l'altro), problemi non potevano sorgere. Diverso il caso della perforazione al di sotto dei blocchi, dove, il materiale di riporto che ne formava il substrato si presentava, invece, del tutto eterogeneo.
Eterogeneo e di piccole dimensioni, tanto che, come ci illustra ancora Bonifazi: "il foro non aveva tenuta e sempre si richiudeva sotto l'effetto dell'inevitabile spinta dell'acqua; abbiamo dovuto bucare quindi con martello fondo foro e rivestimento a seguire così da tenere aperto il foro: non senza difficoltà visto che nelle zone in cui c'era più roccia si lavorava meglio, mentre nelle zone con più sedimento molle o sciolto il martello quasi non batteva, tanto che la perforazione era prodotta più per effetto dell'aria che non del martello stesso. Ma il vero problema - precisa - è sorto a - 12 metri dove, di fatto, finiva il riporto di materiale misto e iniziava un fondale costituito da un substrato naturale completamente incoerente che non consentiva al martello di fare in nessun modo il suo lavoro in quanto, non trovando contrasto, non riusciva ad avanzare al punto da costringerci a cambiare metodo di perforazione. Abbiamo tolto il martello - racconta Bonifazi - e inserito altri utensili, si riusciva a procedere ma a ritmo rallentatissimo tale da risultare del tutto inefficacie dal punto di vista imprenditoriale".
Ecco allora il colpo di genio che solo la profonda conoscenza delle caratteristiche dei sedimenti, l'analisi del contesto e la professionalità della Geotevere srl, unite ad una sana dose di spirito pionieristico e sperimentatore, hanno fatto sì che si utilizzasse lo stesso il martello Sandvik RH510r da 6'' ma non con aria, bensì con acqua. Dagli ugelli del martello usciva acqua ad una pressione sufficiente a creare l'effetto distruzione tale per cui si è arrivati a fondo foro con un foro pulito proprio grazie alla pressione dell'acqua che teneva schiacciato il sedimento.
Questo non è tutto. Mancando un legante tra i blocchi, onde evitare un possibile problema di inquinamento ambientale, come ci descrive ancora Bonifazi: "è stato studiato un sistema di iniezione attraverso una calza contenente cemento addossata al perforo fatto. In sostanza - prosegue - è stata calata l'armatura tubolare del micropalo avvolta da una guaina: prima è stata tolta la batteria di aste con il martello, lasciando dentro la camicia di rivestimento di tessuto non tessuto, polipropilene di 200 mm di diametro, con all'interno il tubolare del micropalo, quindi abbiamo gettato il micropalo da apposite valvole a fondo foro così da riempire in prima battuta tutto il perforo del micropalo, all'esterno del tubolare del micropalo si è riempita una camicia di cemento contenuta all'esterno dal tessuto e all'interno dal ferro stesso; in seconda battuta abbiamo fatto il getto a pressione come previsto per la realizzazione del bulbo finale senza che la guaina costituisse una limitazione del getto (vedi fig 1.)".
Così descritti sembrano passaggi ovvi, diverso viverli e diverso trovarsi dinnanzi a un problema che pregiudicava l'esito dell'intera lavorazione, in quanto sia la fase di realizzazione del foro che quella della gettata presentavano ingenti difficoltà. Ma se, giusto per citare Shakesperare: "tutto è bene quel che finisce bene", occorre sottolineare che l'ingegno umano è stato validamente supportato dal mezzo meccanico. Innanzitutto il motocompressore Doosan Portable Power 12/154, una delle unità mobili più grandi con piattaforma a singolo assale. La resa d'aria libera è compresa tra i 14 e i 20 m3/min con pressioni di uscita tra i 7 e i 14 bar che, come evidenzia Bonifazi: "questa forbice di pressione è stata davvero apprezzatissima in quanto trovandoci dinnanzi a materiale molto duro il martello da sei pollici era più efficiente con il massimo dell'aria, e i 12 bar li utilizzavamo tutti, poi scendendo ed entrando nel materiale più scomposto ed eterogeneo abbiamo notato che mandando meno aria disturbavamo di meno i sedimenti sciolti ottenendo un risultato migliore ed evitando il ritorno di materiale ad ostruire i fori così da consentire al martello di lavorare meglio". In più, come tiene ad evidenziare Fabio Cozzolino, Capo Area Lazio-Abruzzo di Air Service srl: "lavorando a pressione più bassa i consumi ovviamente ne beneficiano, anche se, per sua costruzione il Doosan Portable Power 12/154 è molto efficiente: monta un motore Cummins da 6 cilindri e 168 kW rispondente alla normativa Stage IV Tier 4 Final con un serbatoio carburante da 310 litri e un serbatoio AdBlue da 19 litri, entrambi ben posizionati e ampi, così da evitare rischi di perdite di carburante. Ma sono i suoi sportelli ad ampia apertura - prosegue Cozzolino - nonchè gli scarichi centrali raggruppati e le 4 uscite d'aria, tutti elementi di serie, a contribuire alle eccellenti caratteristiche di manutenibilità di questi compressori. In più - conclude - la vasca di raccolta inferiore, anch'essa di serie, è ideale per prevenire la dispersione di fluidi nell'ambiente, caratteristica non da poco visto che il compressore ha sempre lavorato a bordo mare, e spesso completamente bagnato".
Ma il vero protagonista è stato il martello fondo foro Sandvik RH510r da 6'' con punta M65 da 178 mm. Realizzato con acciaio di elevata qualità, come evidenzia ancora Cozzolino: "si tratta di un martello ad alta frequenza e altissima efficienza in grado di garantire una robustezza e una durata nel tempo veramente elevate. In più - continua - l'RH510 da 6'' prevede varie versioni, dalla standard alle più robuste g ed r con martelli più robusti e resistenti, tanto da avere un diametro esterno più grosso, ben 150 mm, e un peso maggiorato di 10 kg, quindi 82 kg a fronte degli standard 72 kg, così da affrontare materiali con una durezza e una consistenza elevate. Ma la particolarità di questo modello RH510r - conclude - sta in questa r di reversibile, ossia è possibile rigirare la camicia per renderne, nel tempo, uniforme l'usura data dal pistone che scorre al suo interno". Nel caso dell'RH510r all'opera nel cantiere spezzino, questo non è stato ancora rivoltato, trattandosi di un utensile comunque nuovo che, montato sulla perforatrice EGT 710 ha saputo compiere egregiamente il suo lavoro, anche se, come precisa Bonifazi: "lavorando su due turni, per dodici ore tutti i giorni e pompando acqua al posto dell'aria, alla sera quando veniva estratto sembrava avere trenta anni di lavoro, visto che riemergeva completamente ossidato dall'acqua di mare: ma bastava lubrificarlo e pulirlo per farlo ritornare alla sua veste originaria". Sicuramente un impiego fuori dal comune di un martello fondo foro, per non dire raro e sperimentale. Un esperimento che è avvenuto passo a passo e in costante connessione con i tecnici di Air Service srl che hanno fornito il loro supporto in ogni fase di lavorazione, anche dinnanzi ad un cantiere complicato come quello spezzino, perché che la natura sia benigna o matrigna, non occorre scomodare il pessimismo storico o cosmico di leopardiana memoria, per capire che anzi, in realtà, è sempre nell'uomo e nelle sue capacità la possibilità di risolvere, se non del tutto ribaltare, le situazioni, anche quelle geologicamente più complesse.