Commissione bicamerale d’inchiesta: relazione finale sugli aspetti ambientali della gestione di cave e miniere

La Commissione parlamentare bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse connessi in data 15 settembre 2022 ha approvato la "Relazione finale sugli aspetti ambientali della gestione di miniere e cave".
In occasione dell'attività di inchiesta svolte dalla Commissione si sono manifestati problemi ambientali derivanti dalla gestione mineraria e si è altresì evidenziato un problema normativo e di coordinamento tra la disciplina del settore minerario, tuttora basata sul regio decreto n. 1443 del 29 luglio 1927 e su una serie di interventi successivi, e la normativa di tutela ambientale, nonché tra autorità a diverso titolo competenti.
 La Commissione ha ritenuto di affrontare il problema in considerazione delle potenzialità di conseguenze negative sull'ambiente a breve e lungo termine di un'attività produttiva con proprie specificità.
 Rientrano a vario titolo nella materia d'inchiesta della Commissione, disciplinata dalla legge istitutiva n. 100 del 7 agosto 2018, i problemi ambientali prodotti dalle miniere attive nell'ambito della possibile contaminazione delle acque, della destinazione degli scarti di lavorazione classificabili come rifiuti e dalle miniere dismesse, i cui residui di lavorazione possono produrre un impatto ambientale a lungo termine, che presentano problemi di bonifica, che sono suscettibili di uso improprio come discariche.
Accanto a questo oggetto principale, la Relazione affronta anche il tema, pure ambientalmente rilevante, delle cave dismesse e della loro destinazione, spesso illecita ovvero gestita in maniera tale da produrre negative conseguenze ambientali.
La Commissione ha proceduto all'audizione del Presidente dell'ANIM, nonché di rappresentanti qualificati di ISPRA e della regione Sicilia.
Nell'impossibilità di una fondata globale analisi di una realtà comprendente molte migliaia di siti su tutto il territorio nazionale, la Commissione ha scelto di approfondire la situazione e le criticità di un numero limitato di essi, significativo per la rilevanza delle questioni emerse, tali da poter supportare alcune razionali conclusioni.
In via prioritaria la Commissione ha richiamato le norme che disciplinano l'attività mineraria, evidenziando, in particolare, che la legislazione nazionale in materia mineraria risale ancora fondamentalmente al regio decreto n. 1443 del 1927.
Il trasferimento delle competenze amministrative alle Regioni, in assenza di un apparato normativo statale di aggiornamento del regio decreto n. 1443 del 1927 e di indirizzo delle attività, ha generato sistemi di pianificazione, autorizzazione e controllo diversificati e sistemi di raccolta e gestione delle informazioni eterogenei.
Questa situazione rende particolarmente difficoltosa la realizzazione di un quadro organico a livello nazionale propedeutico per l'elaborazione di qualsivoglia strategia nazionale o europea.
Da un punto di vista dell'impatto ambientale dell'attività estrattiva l'unica fonte normativa specifica risulta essere il decreto legislativo n. 117 del 2008 (Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE) che tuttavia disciplina unicamente la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive in esercizio. Dalla ricostruzione della disciplina giuridica non si ha pertanto evidenza a livello nazionale di specifici riferimenti rispetto ad altre tipologie di impatti ambientali sia nella fase di coltivazione della risorsa estrattiva sia nella fase post operam. Va sottolineato che il decreto legislativo n. 117 del 2008 non disciplina la gestione dei rifiuti da attività estrattiva chiusa. Con riferimento a questa fattispecie si richiama la predisposizione di un inventario delle strutture di deposito dei rifiuti di estrazione chiuse o abbandonate da aggiornare a cura di ISPRA secondo le modalità previste dal decreto ministeriale 16 aprile 2013.
L'art. 185 comma 2, lett. d) esclude la materia dall'ambito di applicazione della parte quarta del decreto legislativo n. 156 del 2006, in quanto regolata da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento, i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2008, senza tuttavia specificare se detto disposto si applica anche ai rifiuti risultanti dalle attività minerarie chiuse per le quali non sono stati predisposti ed approvati gli specifici piani di cui al decreto legislativo n. 117 del 2008.
La Commissione richiama che a livello comunitario non esistono norme specifiche riferite all'attività estrattiva, ma risultano pertinenti alcune Direttive. Il riferimento è in particolare alla Direttiva 89/391/CEE, riguardante la sicurezza e la salute dei lavoratori, da cui trae origine la normativa nazionale in materia e che ha trovato applicazione con l'emanazione di una serie di direttive specifiche per il settore estrattivo.
Con riguardo alla ratio della regolamentazione contenuta nel regio decreto n. 1443 del 1927, la giurisprudenza ha da tempo ravvisato l'intento legislativo di tutelare e regolarizzare lo sfruttamento dei minerali; che, tuttavia, «non esclude che limitazioni all'attività stessa possano essere imposte in relazione alla tutela di altri interessi, quali quelli dell'ambiente e del paesaggio».
La Commissione ha sintetizzato il contenuto del regio decreto n. 1443 del 1927 in materia di miniere, al fine di consentire di verificare la sua ormai significativa distanza dalle esigenze contemporanee, che   riguardano principalmente l'impatto sull'ambiente delle miniere dismesse e la necessità di una regolazione di tutela ambientale delle miniere in esercizio o che potranno entrare in esercizio nel prossimo futuro.
Si riassumono, in quanto di interesse per lo sviluppo futuro del settore estrattivo, le conclusioni della Commissione relativamente alla potenzialità di sviluppo tecnologico e alle nuove prospettive.
 Il quadro che emerge dall'esame del contesto della gestione di miniere e cave in Italia è quello di un insieme di attività storicamente radicate, che hanno prodotto e producono una "eredità" ambientalmente negativa, prive tuttavia di un quadro normativo coerente ed efficace per prevenire e contrastare quelle conseguenze.
Concorrono a questa carenza la vetustà di alcune norme da un lato, e dall'altro, come in altri campi di tutela ambientale, la devoluzione alle Regioni di compiti che sono apparentemente solo di regolazione delle attività ma che non possono prescindere da una visione nazionale e sovranazionale, delle conseguenze sull'ambiente di quelle attività. Mentre per quanto riguarda le cave siamo di fronte di una situazione soggetta a una certa stabilità gestionale, per quanto riguarda le miniere dall'esame del quadro d'insieme evidenziato dalla relazione si evince la necessità di valutare alcune prospettive significative.
Il forte incremento nella richiesta di risorse minerarie, indispensabili per lo sviluppo delle nuove tecnologie - anche legate alla green economy - ha generato un rinnovato interesse per le risorse minerarie metalliche italiane.
La riapertura delle miniere, in un contesto nazionale caratterizzato da un importante passato minerario, è imprenditorialmente interessante ma impone la massima cautela e vigilanza. Sotto diverso profilo si affaccia la possibilità di una forma particolare di landfill mining, poiché le discariche minerarie presenti nei siti di estrazione di minerali metalliferi abbandonati possono contenere quantitativi non trascurabili di elementi che al tempo dell'estrazione non erano ricercati o il cui sfruttamento era antieconomico.
Secondo ISPRA, con le attuali tecnologie, a seguito di una adeguata caratterizzazione dei depositi e di una analisi costi benefici che ne dimostri la sostenibilità economica ed ambientale, è possibile recuperare materie prime la cui importanza è cresciuta nel tempo, a seguito dello sviluppo dell'elettronica e delle nuove tecnologie, sino a diventare strategica. Il recupero di materie prime dai rifiuti minerari è ormai una attività d'interesse mondiale.
A livello europeo sono già state pubblicate e sono disponibili linee guida che affrontano il problema del recupero e riutilizzo dei rifiuti estrattivi storici attraverso l'applicazione di piani di gestione che ne consentirebbero lo sfruttamento: si riscontrano già esempi di iniziative minerarie, ancora allo stato iniziale ma destinate potenzialmente a crescere, particolarmente nelle regioni Piemonte e Lombardia.
In altri Paesi dell'Unione ciò è facilitato dalle normative nazionali che indicano come potenziali giacimenti i rifiuti accumulati da precedenti attività di estrazione e ne autorizzano la coltivazione. Sulla base delle esperienze europee il recupero di materie prime dai rifiuti estrattivi storici può essere economicamente sostenibile e praticabile attraverso il concetto di buone pratiche, che in termini concreti si traduce in un nuovo progetto di estrazione dove il giacimento è rappresentato dai rifiuti storici.
Il riuso delle miniere è affrontato anche nella prospettiva del passaggio da risorse produttive a risorse culturali. Le attività minerarie hanno infatti rappresentato per secoli, in diversi casi da epoche pre-romane, l'elemento caratterizzante dell'assetto economico e sociale di intere comunità che si sono costruite e sviluppate proprio attorno ai siti minerari. Tali siti, anche se dismessi, spesso conservano i macchinari e le strutture, e rappresentano una sintesi degli aspetti geologici, archeologici, storici, industriali, culturali e delle modificazioni del paesaggio di diverse aree del territorio italiano.
In questo quadro risulta essenziale, come la Commissione ritiene di porre in evidenza l'esistenza stessa di un tema ambientale legato alla gestione di miniere e cave, da osservare anche in termini non tradizionali. Si tratta quindi, in generale, di prevedere come le attività sopra descritte possano coerentemente conseguire risultati economici e insieme ambientalmente corretti.
A questo risultato devono concorrere le conoscenze della situazione delle attività estrattive, che, allo stato utilmente fa capo ad ISPRA; è necessaria la condivisione di queste conoscenze e l'attivarsi di un interessamento istituzionale alla materia da parte delle Regioni, in funzione delle competenze loro devolute, ma anche del Governo.
Da parte del Parlamento è necessaria una valutazione tecnicamente adeguata delle necessità di intervento normativo - in materia di cave e miniere - che adegui lo stato delle regole al preminente interesse alla tutela dell'ambiente, anche in coerenza con il quadro sovranazionale.