Il BIM per la gestione del patrimonio immobiliare

Esiti della ricerca condotta per ACER Emilia-Romagna per la prototipizzazione di un modello BIM da utilizzarsi nelle procedure di appalto per interventi di riqualificazione edilizia e nuova costruzione

Era il 1987 quando il primo prototipo BIM veniva inaugurato per la costruzione di un modello digitale. Nell'acronimo di Building Information Modeling già da allora era chiaro come in questi modelli digitali le informazioni sarebbero dovute andare oltre la semplice dimensione geometrica, per approfondire aspetti riguardanti le caratteristiche materiche, tecniche, prestazionali, gestionali, ecc.

Ciò nonostante, per anni, il potenziale di questi strumenti informativi è stato utilizzato e sviluppato solo parzialmente, con modelli dalle stratigrafie estremamente semplificate e poco dettagliate dal punto di vista informativo, eseguiti per la sola realizzazione di elaborati grafici e/o computi metrici estimativi. Solo di recente, il vero potenziale di questi strumenti è stato messo in evidenza con numerosi studi e ricerche condotte al fine di potenziarne la funzionalità gestionale, dalla prima fase di progetto a quella costruttiva, fino a quella relativa la manutenzione ed eventuale (successiva) demolizione/recupero, nell'ottica di un continuo ciclo di sostenibilità economica ed ambientale.
Il BIM, quindi, contrariamente a quanto molti ancora oggi pensano, non è un software, né un particolare tipo di modello digitale, ma un ampio processo metodologico progettuale che interessa i molteplici momenti della vita di un edificio.

Obblighi legislativi ed esigenze gestionali
La normativa degli ultimi anni ha sicuramente accelerato l'introduzione di questi strumenti negli appalti di progetti finanziati con fondi pubblici: con la DIRETTIVA EU 14/2014, il D.Lgs. 50/2016, ma soprattutto il D.M. 560 del 1 Dicembre 2017 (decreto BIM o Baratono), nel quale vengono stabiliti i tempi di progressiva introduzione da parte delle stazioni appaltanti dei modelli BIM, nella progettazione, costruzione e gestione delle opere, rendendolo obbligatorio già nel 2025 anche per opere inferiori a 1 milione di euro.
Nello stesso decreto è stabilito che alla documentazione di gara debba essere allegato un modello BIM in grado di fornire il maggior numero possibile di informazioni relative all'edificio oggetto d'appalto e, di conseguenza, debba essere previsto un aggiornamento tecnico e formativo da parte del personale delle stazioni appaltanti.
Da qui, la necessità da parte di quest'ultime di introdurre progressivamente l'utilizzo di strumenti elettronici di modellazione e disciplinare gli adempimenti per quanto riguarda la formazione del personale, ma soprattutto per stabilire una corretta metodologia operativa in grado di ottimizzare la gestione dei processi decisionali e di controllo.
Enti pubblici e privati con importanti patrimoni immobiliari da gestire hanno quindi iniziato a dotarsi di quanto previsto dal decreto; come ACER-ER che ha avviato una ricerca in collaborazione con l'Università di Ferrara (Dipartimento di Architettura, Prof. Marcello Balzani) per definire un modello BIM prototipo - a partire dalle indicazioni tecniche già fornite dalla norma UNI 11337:2017 - da allegare nei bandi di gara per la manutenzione straordinaria, riqualificazione o nuova costruzione degli immobili in loro gestione.


Dalla norma uni 11337:2017 al prototipo acer-er
Il modello è stato progettato come sistema informativo ottimizzato, in grado di restituire dati dimensionali, tecnici, funzionali ed energetici, ma anche informazioni relative ad aspetti normativi, burocratici e gestionali, per fornire un quadro generale complessivo ed esaustivo dell'immobile, sia nella prima fase della procedura d'appalto sia in quelle successive di progettazione, esecuzione e gestione dell'opera.
La prototipizzazione del modello è stata organizzata cercando di inserire il maggior numero possibile dei dati tecnico-gestionali tra quelli normalmente forniti dalle stazioni appaltanti nella documentazione grafica e testuale allegata ai bandi in modo da limitare o comunque ridurre molti degli errori procedurali che spesso si verificano nella fase di aggiudicazione.
Come caso studio è stato scelto un edificio residenziale oggetto di recente intervento di manutenzione straordinaria (Figura 1), poiché, allo stato attuale, gli enti pubblici che gestiscono patrimoni immobiliari si occupano prevalentemente di riqualificazione; mentre gli interventi di nuova costruzione risultano sempre più circoscritti.
In ottemperanza alla Norma UNI 11337:2017 si è cercato quindi di rispondere a tutte le richieste legislative e ad implementare la struttura informativa del modello prototipo in modo tale da inserire tutti i dati relativi alle impostazioni generali del progetto e ai singoli elementi tecnico-costruttivi, andando ad approfondire argomenti quali:
• la denominazione del file;
• l'identificazione del progetto;
• l'individuazione di un sistema comune di coordinate;
• le specifiche necessarie per l'inserimento degli oggetti (livelli di piano, assi di costruzione);
• la definizione di un sistema di classificazione e denominazione degli elementi architettonici inseriti (codice elemento);
• i livelli di dettaglio grafico degli elementi architettonici e delle relative schede informative (LOD), in base alle fasi progettuali e all'ambito disciplinare.

In fase preliminare è stato approfondito il tema DENOMINAZIONE DEI FILE trattato al punto 5.4.8.2 della norma UNI 11337-6, secondo la quale il nome di ogni file deve fornire indicazioni precise in merito al tipo di elaborato, alla fase progettuale e alla disciplina trattata. Ogni acronimo deve essere dotato dei codici di lettura e dei glossari necessari per una facile comprensione. Come esempio, nella norma è allegato il seguente schema di denominazione:

CONTENUTO_ FASE_DISCIPLINA_TIPO_AAMMGG_VER

• CONTENUTO identifica il contenuto del documento. Per esempio, stima, quadro economico, progetto, ecc;
• FASE identifica a che livello di avanzamento ci si riferisce. Per esempio, fattibilità, esecutivo, ecc;
• DISCIPLINA identifica a quale specifica disciplina il documento di riferimento. Per esempio, arredo, strutture, ecc;
• TIPO identifica se il documento è un elaborato modello, ecc;
• AAMMGG identifica la data scritta a partire dall'anno;
• VER identifica la versione del giorno.

Nelle parti 1 e 4 della stessa norma UNI, ognuna di queste voci è stata poi ulteriormente sviluppata in un elenco con tutte le possibili variabili. Da qui, la necessità di realizzare una tabella organizzata di tutte le fasi e gli stadi individuati, così come dei possibili documenti, elaborati grafici e modelli che possono presentarsi nei lunghi iter procedurali di qualsiasi intervento edilizio. Nella matrice (Figura 2) ogni voce è stata infine codificata con una sigla di due lettere, in modo tale da poter essere in seguito riportata nella serie alfanumerica che andrà a definire il nome esteso del file.
In base all'esempio fornito dalla norma UNI e a quanto individuato nella tabella di figura 2, nel caso ad esempio di un modello Bim strutturale, il nome del file potrebbe essere quindi il seguente:

PRTESTMDBM + NM+AAMMGG (n. versione e data: 01_ 190901)
Nello stesso identificativo di file, è stato anche ipotizzato di aggiungervi il codice della pratica assegnata dall'ente, in questo caso ACER, per cui, ad esempio:

2363PRTESTMDBM01190901.

Dopo aver creato e definito il nome del file si è posto il problema dell'inserimento dei dati generali di progetto, ovvero dell'IDENTIFICAZIONE DEL PROGETTO all'interno del capitolato Informativo, così come espressamente richiesto dalla norma UNI 11337-6 (p.to 5.1.1), con informazioni relative a:
1 committente: norme e/o denominazione;
2 denominazione del progetto;
3 tipo di intervento;
4 descrizione sintetica del progetto;
5 localizzazione geografica dell'intervento;
6 indicazioni spaziali di massima delle opere
e/o delle sue parti;
7 identificazione della fase dell'incarico
(vedere UNI 11337-1 p.to 7.1)

Nella scheda relativa alla localizzazione geografica dell'intervento, di cui al punto 5, oltre ad inserire l'indirizzo del sito ed i dati catastali dell'edificio, si è quindi deciso di approfondire il tema dell'INDIVIDUAZIONE DI UN SISTEMA COMUNE DI COORDINATE, ovvero la collocazione delle coordinate geografiche, tratte da un lettore GPS, rispetto ad un punto scelto convenzionalmente, che nel caso specifico è stato individuato in corrispondenza dell'angolo in basso a sinistra dell'edificio esistente, prendendo come riferimento il fronte con l'accesso principale. Nel caso particolare di un fabbricato di nuova costruzione, come riferimento, è stato invece ipotizzato di considerare il punto in basso a sinistra dell'area (lotto) d'intervento.

Successivamente è stato approfondito il tema delle SPECIFICHE NECESSARIE PER L'INSERIMENTO DEGLI OGGETTI, come i livelli altimetrici di riferimento da utilizzare nella costruzione del modello (ad esempio: estradosso pavimento/intradosso soffitto), ma anche il posizionamento degli assi di costruzione planimetrici rispetto ai quali collocare lo spessore delle pareti/pilastri (ad esempio: interasse struttura, filo esterno/interno muro, filo esterno parte strutturale, ecc.).
Nello studio, è emersa da subito la necessità di stabilire dei criteri, variabili in funzione della diversa tipologia strutturale (ca o muratura), ma anche dell'intervento edilizio da realizzare (nuova costruzione o riqualificazione), considerando anche il fatto che non sempre è possibile stabilire la precisa stratigrafia delle murature/solai degli edifici esistenti, soprattutto se storici.
Per la definizione dei livelli (piani) è stato fatto riferimento alla norma.
Per la realizzazione di un modello BIM i cui elementi possono essere individuati in modo univoco è fondamentale altresì stabilire un preciso SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE E DENOMINAZIONE DEGLI ELEMENTI ARCHITETTONICI INSERITI (CODICE ELEMENTO), per cui ogni elemento strutturale deve essere identificato con una precisa nomenclatura.
A questo proposito è stato preso come riferimento la norma UNI 4157-1:2003, revisione della UNI ISO 4157-1:1986, che oltre a definire i livelli di piano stabilisce come:
• Pilastri, solai, muri, travi, ecc. devono essere designati utilizzando quattro caratteri alfanumerici, a meno che il numero di piani o elementi non sia maggiore di tale limite.
• Il primo numerale della designazione deve indicare il numero di piano, mentre gli ultimi due identificano l'elemento, ad esempio:
- pilastri: P201
- solai: S201
- muri: M201
- travi: T201
Nel prototipo ACER, per la codifica del livello si è invece preferito adottare la dicitura del catasto nazionale che prevede: T, 1, 2 ,3, ecc. per i piani fuori terra; S1, S2, ecc.
Volendo utilizzare un codice con lo stesso numero di cifre si è quindi ipotizzato di utilizzare la seguente codifica:
- PT piano terra; 01 piano primo, 02 piano secondo, ecc. per i fuori terra.
- S1 seminterrato 1, S2 seminterrato 2, ecc. per i seminterrati e/o interrati.

Con questa logica, gli elementi portanti saranno identificati in:
- muri: MPT01 muro, piano terra, 01
- pilastri: PPT01
- travi: TPT01
- solai (inteso come soffitto del piano terra): SPT01

La parte più consistente della ricerca ha riguardato la definizione dei LIVELLI DI DETTAGLIO GRAFICO DEGLI ELEMENTI ARCHITETTONICI E DELLE RELATIVE SCHEDE INFORMATIVE (LOD), come previsto dalla norma UNI 11337-6 (p.to 5.4.2) che ne stabilisce (all'interno del Capitolato Informativo) l'individuazione in ragione delle diverse fasi del processo (esigenziale, di fattibilità e sostenibilità, funzionale spaziale, autorizzativa, tecnologica, esecuzione, collaudo e consegna, gestione e manutenzione) (Figura 3) e per ciascuna entità dell'opera (muri, solai, finestre ecc.).
A titolo esemplificativo, si riporta la tabella C1 "Esempio di LOD parete" dell'appendice C della UNI 11337-4, nella quale è possibile recepire indicativamente il contenuto informativo che, in base ai diversi LOD, un oggetto parete dovrebbe includere (Figura 4).
La ricerca condotta per ACER è stata quindi l'occasione per approfondire questo tema andando a definire con maggiore precisione i dati e le informazioni necessarie in funzione, anche, del tipo di intervento edilizio previsto.
Così, nel caso di un intervento di manutenzione straordinaria, è stata ipotizzata innanzitutto la presentazione di un progetto definitivo (vedi dl n.32/2019 e Legge n. 55/2019) che, se associata ad una fase autorizzativa, verrebbe a richiedere un livello di progettazione BIM equiparabile ad un LOD C.
In base alle indicazioni della tabella UNI, per il LOD C è prevista la definizione 3d delle stratigrafie principali e dei relativi materiali, quindi un approfondimento maggiore rispetto ad un LOD B - attribuito indicativamente alla fase funzionale spaziale (di fattibilità tecnica ed economica, per il codice appalti) - per il quale è prevista una semplice geometria d'ingombro con elementi monostrato.
Definire delle stratigrafie, con esatto spessore e materiale, non è tuttavia sempre possibile, soprattutto nel caso di interventi di modesta entità su edifici datati, poiché eventuali indagini diagnostiche andrebbero a gravare in modo considerevole sul costo complessivo dell'opera.
Nel caso adottato è stato scelto di realizzare, per la sola parte esistente, un modello BIM definito mediante una stratigrafia semplificata, con indicazioni generiche in relazione alla composizione materica nota di ogni singolo elemento; mentre per il rivestimento esterno (cappotto) applicato le informazioni sono decisamente maggiori in quanto tratte dalle varie schede tecniche interessate.
Nella modellazione si è preferito quindi utilizzare i materiali già presenti negli abachi dei software, resettandone tutti i valori presenti di default in relazione alle caratteristiche fisico, tecniche e dimensionali. I materiali nuovi sono stati poi rinominati aggiungendo al termine esistente la dicitura "nd", trattandosi di materiali generici e non definiti.
Questo è stato fatto per tutti gli oggetti, tranne che per il muro portante esterno, poiché negli elaborati esistenti questo elemento era indicato come "mattone pieno intonacato". Per il muro portante esterno si è preferito, invece, realizzare un nuovo materiale ma con le caratteristiche tratte dalla tabella C8.5.I allegata al testo "Istruzioni per l'applicazione dell'Aggiornamento delle Norme tecniche per le costruzioni di cui al Decreto ministeriale del 17 gennaio 2018", da Circolare del 21 gennaio 2019, n.7 C.S.LL.PP- tabella C8.5.I.
La tipologia di muratura indicata da tale tabella è stata quindi riportata nel campo "Descrizione" del materiale con la dicitura NTC2018C8.1.5.I-7.
Trattandosi di un intervento di manutenzione straordinaria volto a migliorare le prestazioni energetiche dell'edificio mediante un cappotto in EPS grafitato, alle pareti esterne in mattoni pieni (intonacate) è stato inoltre applicato un valore di trasmittanza sulla base delle indicazioni fornite dalla norma UNI/TR 11552:2014 "Abaco delle strutture costituenti l'involucro opaco degli edifici. Parametri termofisici".
Il dato della "Trasmittanza Termica" è stato inserito nel campo creato appositamente (Figura 5) nel gruppo "Classificazione Generale" dell'oggetto Muro, unitamente alla descrizione dell'unità di misura adottata: U=W/m²K.
A questo campo è stato aggiunto quello relativo alla "Provenienza dato Trasmittanza" in modo da poter specificare se il dato è verificato oggettivamente o se proveniente dalla classificazione generica indicata dalla NORMA UNI/TR 11552:2014. Gli stessi criteri sono stati utilizzati per i restanti elementi architettonici.
Il cappotto esterno è stato previsto come una parete di rivestimento applicata a quella esistente, mediante elementi separati, suddivisi (e codificati) per ogni livello, in base agli elementi architettonici (muri) a cui si vanno ad applicare. Così, al piano seminterrato, al muro n.01 (MPS01) verrà realizzato il cappotto "R" (rivestimento), RPS01.
Anche per il Rivestimento sono stati creati numerosi campi, per integrare le informazioni necessarie nel modello posto a base di gara.

Variabile conoscitiva ed operativa
Il modello BIM dell'edificio oggetto di ricerca è stato realizzato per un progetto di Manutenzione Straordinaria "leggera" ovvero per il quale non è previsto il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere o di impianti che, come già chiarito - in seguito alle ultime indicazioni stabilite dal dl n.32/2019 (con modifiche Legge n. 55/2019) - può essere affidato previa presentazione di un semplice progetto definitivo.
Nella modellazione dell'edificio, il progetto definitivo è stato pertanto associato alla fase Autorizzativa, mentre per il livello di sviluppo degli oggetti è stato scelto il LOD C, la cui Norma UNI stabilisce la definizione dei materiali e delle stratigrafie principali.
Le variabili che riguardano sia lo stato conoscitivo dei luoghi sia il tipo di intervento da realizzare possono condurre a scelte operative estremamente diversificate, come emerge nella tabella elaborata in fase di ricerca (Figura 6).
Per fare questo abbiamo innanzitutto considerato i possibili livelli di conoscenza (LC) del manufatto, ovvero:
a - relativo a edifici di cui non si conosce nulla, quindi non definito;
b - di edificio costruito in tempi recenti, sulla base di un progetto esecutivo con elaborati grafici molto dettagliati;
c - di edificio storico, per il quale sono stati realizzati indagini diagnostiche accurate.
Per specificare la fonte di provenienza del dato materico, è stato ipotizzato di realizzare nuovi materiali denominati utilizzando un prefisso apposito, come ad esempio nd (non definito - materiale ipotizzato da rilievo a vista); ntc (materiale non ben definito, classificato nelle norme NTC); pr (materiale descritto negli esistenti elaborati di progetto); sg (dato fornito da saggio diagnostico).
Anche il tipo di intervento (IT) eseguito sull'edificio non necessita sempre dello stesso livello di definizione degli oggetti modellati in ambito BIM (LOD).
Ad eccezione, infatti, della manutenzione ordinaria per la quale non è richiesto nessun tipo di titolo abilitativo, la maggiore differenziazione del LOD (LOD B-D) si verifica nel caso degli interventi di nuova costruzione, in funzione del livello di progettazione in affidamento: fattibilità tecnica ed economica (preliminare); definitivo; esecutivo. Nel caso invece di interventi di manutenzione straordinaria, ristrutturazione o restauro conservativo, per gli elementi architettonici di nuova costruzione o le finiture (ex serramenti) sostituite o inserite ex novo, si ritiene preferibile una definizione LOD piuttosto alta, come il LOD D, con la definizione dettagliata della stratigrafia degli elementi.
La matrice di seguito conferma quindi come per il modello ACER - realizzato ai fini di un intervento di manutenzione straordinaria su un edificio il cui stato conoscitivo risulta non definito (LCa) - possa essere preso come riferimento un LOD C semplificato per la parte relativa allo stato di fatto ed un LOD D più dettagliato per le parti di nuova realizzazione.

La mappatura del degrado
In una fase successiva della ricerca è stato approfondito il tema della mappatura del degrado in modalità BIM per interventi di restauro conservativo, a partire dalle indicazioni teoriche tratte dalla tabella NorMal sulle tipologie di degrado.
È stata quindi ipotizzata una possibile mappatura 3d, mediante superfici applicate al modello architettonico esistente, sia per le lesioni sia per le aree di degrado; ogni superficie è identificata tramite un ID alfanumerico univoco e misurata (in mq o ml), per consentire una facile contabilizzazione delle patologie e dei relativi interventi di restauro.
Lo studio è stato realizzato utilizzando la rappresentazione (a campiture) prevista dalle schede NorMal, con un'ulteriore precisazione in merito alla tipologia di materiale dell'area soggetta a degrado, attraverso una diversa colorazione della texture.
Ogni area è stata codificata univocamente con un codice alfanumerico composto da:
• un prefisso generico che identifica il degrado "DE";
• due cifre che stabiliscono la tipologia di degrado, ex "ER" per erosione;
• tre numeri (preceduti da un trattino) per il numero identificativo e progressivo di ogni area.
Un'area soggetta ad erosione potrà avere quindi l'ID: DEER-001.
Per ognuna di queste aree è stata prevista l'associazione delle analisi diagnostiche effettuate e dei relativi interventi conservativi.
In vista della mappatura all'interno di un modello BIM è stato pensato quindi di assegnare, così come precedentemente fatto per le varie tipologie di degrado, un codice di 4 cifre alle diverse tipologie di indagine ed intervento.
Le tipologie di degrado individuate dalla scheda NorMal ed i possibili interventi conservativi (analisi diagnostiche comprese) sono state pertanto organizzate in una tabella, di cui si riporta uno stralcio, unitamente al relativo codice ID (Figura 7).
I dati sono stati inseriti nel modello BIM all'interno di appositi campi realizzati per la descrizione di ognuna delle aree soggette a degrado e rappresentate in 3D mediante superfici poligonali.
L'identificazione delle varie tipologie di degrado, indagini diagnostiche ed interventi conservativi mediante un codice alfanumerico ha lo scopo di rendere più semplici eventuali ricerche per ognuna delle categorie presenti.
La realizzazione poi di superfici poligonali applicate ad un modello architettonico dello stato di fatto, mantenendo separate le informazioni degli elementi architettonici rispetto allo stato conservativo, consentirebbe una facile gestione ed aggiornamento dei dati una volta eseguito il restauro mediante la semplice eliminazione delle superfici.
Le schede relative alla mappatura del degrado sono state integrate con numerosi campi, in grado di descrivere il tipo di degrado, la sua dimensione quantitativa, le indagini diagnostiche effettuate e gli interventi previsti (Figura 8).
Una volta definiti i campi, si è proceduto al ridisegno in alzato della Mappatura e alla creazione di apposite etichette (Figura 9) in modo da poter visualizzare direttamente nel prospetto il codice ID dell'area di degrado e gli interventi conservativi effettuati su ogni parte.
Nella parte conclusiva della ricerca è stata inoltre approfondito il tema del facility management con l'individuazione di ulteriori campi utili per la gestione del patrimonio immobiliare, differenziando i dati da inserire direttamente in un applicativo di FM da quelli già presenti in un BIM architettonico da esportare poi in questi software.