Audizione Presidente Associazione Nazionale Ingegneri Minerari da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Il 17 novembre 2021 l'Ing. Domenico Savoca, Presidente dell'ANIM, Associazione Nazionale Ingegneri Minerari, è stato audito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati: la Commissione era interessata a conoscere in particolare i problemi ambientali verificatisi in relazione sia alla dismissione di impianti che alle prospettive minerarie in Italia nel prossimo futuro.

In sede di audizione vi è stata una interlocuzione approfondita e interessante in merito alle problematiche attuali, soprattutto di tipo ambientale, legate alla passata attività mineraria, nonché alle potenzialità di sviluppo del settore minerario nazionale per rispondere alle esigenze produttive e di innovazione legate alla transizione ecologica.

L'audizione ha riguardato tutte le problematiche relative al settore minerario, a partire dagli impatti ambientali delle miniere dismesse, degli impianti di trattamento e delle discariche minerarie (definite "strutture di deposito" dal decreto legislativo n. 117/2008, relativo ai rifiuti di estrazione), dalle attività di cava in relazione all'utilizzo dei vuoti di coltivazione e dalla gestione dei rifiuti di estrazione, per finire alle prospettive future di sviluppo delle attività minerarie, anche in relazione alla potenziale presenza a livello nazionale di giacimenti minerari relativi alle materie prime critiche, come individuate dall'Unione Europea.

I Commissari hanno posto domande molto approfondite, dimostrando un insospettato interesse per il settore minerario, in relazione all'importanza del settore stesso a livello nazionale dal punto di vista ambientale, produttivo e sociale, e per gli impieghi futuri delle materie prime minerarie in relazione alle esigenze dell'industria nazionale.

Al fine di inquadrare correttamente la specifica problematica della presenza di siti estrattivi a livello nazionale, sono stati richiamati i dati relativi al numero di miniere e cave attualmente concesse o autorizzate: l'ISTAT segnala che nel 2018 sono stati rilevati 4518 siti estrattivi di cava autorizzati, di cui 2094 produttivi, mentre risultano 120 miniere in concessione, di cui 90 produttive, per una produzione complessiva di 166 milioni di tonnellate di minerale utile.

I Commissari, preliminarmente, hanno richiesto chiarimenti al fine di comprendere l'importanza produttiva del settore di miniera, in relazione alle passate attività di sfruttamento, per valutarne gli effetti ambientali attuali, nonché per conoscere le eventuali possibilità di ripresa produttiva in funzione degli obiettivi di sviluppo relativamente al settore delle materie prime critiche e degli altri minerali necessari per l'attuazione della transizione ecologica.

E' stata successivamente affrontata la problematica relativa alla vetustà della legislazione mineraria, che risale all'anno 1927, con l'emanazione del regio decreto n. 1443, il quale, nel suddividere le attività estrattive nelle categorie miniere (prima categoria) e cave (seconda categoria), ha inserito i minerali strategici per l'economia di allora nella categoria miniere. Dall'anno 1927 quasi nulla è stato modificato, per cui oggi la gran parte delle miniere di minerali strategici identificati dal regio decreto n. 1443/1927 risultano dismesse per esaurimento dei giacimenti, inoltre, appartengono ancora alla categoria cave dei minerali oggi estremamente importanti per l'economia nazionale, a fronte della perdita di importanza per altri minerali appartenenti alla categoria miniere.

Richiesto circa i motivi del mancato aggiornamento della legislazione mineraria, il Presidente dell'ANIM ha osservato che non vi è stato un interesse politico per un adeguato sviluppo del settore minerario, anche per la debolezza di azioni di sollecito da parte delle organizzazioni produttive e per la percepita mancanza di rilevanza economica e strategica del settore estrattivo, inoltre, il trasferimento di tutte le competenze alle regioni in materia di cave e miniere ha fatto venir meno presso il Ministero competente l'interesse per un sostanziale intervento riformatore dell'intero settore estrattivo.

Le norme di polizia mineraria di cui al DPR n. 128/1959, rilevanti per la gestione del settore estrattivo, sono state oggetto di parziale aggiornamento con il decreto legislativo n. 624/1996, a seguito dell'attuazione di una direttiva comunitaria specifica per il settore stesso, soprattutto con riferimento alle previsioni normative in materia di adempimenti previsti a carico del titolare della concessione di miniera o dell'autorizzazione di cava; non sono state intaccate le specifiche disposizioni tecniche, del tutto obsolete e parzialmente falcidiate dalla normativa taglialeggi dell'anno 2009.
La Commissione parlamentare ha richiesto di conoscere i motivi che hanno impedito l'inserimento della legislazione di polizia mineraria, debitamente innovata, all'interno del testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui al decreto legislativo n. 81/2008: il Presidente dell'ANIM ha riconosciuto non esservi giustificazioni per il mancato inserimento, che ha certamente penalizzato i lavoratori del settore estrattivo, salvo non si voglia considerare un disinteresse del Ministero del lavoro, titolare a livello nazionale delle competenze istituzionali in materia di lavoro, ivi comprese quelle di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, per le norme di polizia minerarie, in capo, in via di coordinamento generale, al Ministero dello sviluppo economico.
Il Presidente ANIM ha fatto presente l'assenza di una strategia nazionale per lo sviluppo del settore estrattivo, che attui i principi definiti dall'Unione Europea per una politica delle materie prime: l'Italia è l'unico Stato europeo ad essere privo di una tale politica, mentre alcuni Stati (es. Francia e Germania), in relazione all'importanza del settore estrattivo, hanno addirittura istituito della Agenzie statali per lo sviluppo dello sfruttamento delle materie prime stesse, per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti delle stesse materie prime, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile ed in particolare di quelli dell'economia circolare per la riduzione del consumo di risorse  minerarie.
A livello nazionale opera il Laboratorio Materie Prime (LabMP), cui hanno aderito l'ANIM, Il Ministero dello sviluppo economico, le Associazioni datoriali aderenti a Confindustria, ENEA, il CRIET e il Politecnico di Torino, al fine di definire e proporre una politica nazionale sulle materie prime. Il LabMP ha predisposto un documento per lo sviluppo produttivo dell'intero settore estrattivo nazionale nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile, che a tutt'oggi risulta disponibile ma non utilizzato da parte delle Amministrazioni competenti.
L'ANIM ha predisposto un progetto di legge per la riforma complessiva del settore estrattivo, sotto forma di legge delega, che prevede la revisione sostanziale delle differenziazioni delle categorie delle attività estrattive, in linea con le indicazioni e gli obiettivi dell'Unione Europea, con riforma dei conseguenti procedimenti amministrativi per il conferimento dei titoli minerari; la stessa proposta di legge impegna il Governo a definire il contenuto di una politica delle materie prime, secondo i principi enunciati all'interno dell'articolato normativo.
La proposta di legge prevede anche la delega al Governo per l'aggiornamento della normativa in materia di polizia mineraria di cui al D.P.R. n. 128/1959, ormai quasi del tutto inapplicabile in considerazione della vetustà delle previsioni di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori ed anche dei terzi interessati.
In merito alle potenzialità di sviluppo del settore minerario, anche in relazione alle necessità legate alla transizione ecologica, il Presidente dell'ANIM ha segnalato l'esistenza, a livello nazionale, di potenzialità minerarie significative, subordinatamente alla soluzione di specifiche problematiche di tipo amministrativo, ambientale, normativo o di accettabilità sociale delle iniziative di sfruttamento minerario proposte.
Preliminarmente è stato prospettato lo sfruttamento di vecchie discariche minerarie, dismesse o abbandonate, relativamente alla presenza di minerali del gruppo delle terre rare e di altri materiali individuati come strategici dall'Unione Europea o di interesse per l'economia nazionale (Zn Ni, Ti, W, etc): le maggiori risorse potenziali sono allocate in Sardegna, dove potrebbero essere rese disponibili per una ripresa produttiva circa cento milioni di tonnellate di sterili di miniera posti a discarica, subordinatamente all'accertamento dell'effettivo contenuto di minerali utili e della soluzione delle problematiche ambientali presenti, nelle fasi di lavorazione dei materiali posti a discarica e dello smaltimento dei nuovi sterili prodotti.
La soluzione delle problematiche legislative, che secondo qualche regione impedirebbero lo sfruttamento minerario delle discariche minerarie, a seguito di una interpretazione eccessivamente formale dell'attuale vetusta legislazione mineraria, costituisce elemento cruciale per l'avvio di una valutazione concreta industriale delle potenzialità produttive delle discariche minerarie: l'assenza di certezza normativa, aggiunta ad una interpretazione restrittiva circa l'applicazione alle discariche minerarie, a fini produttivi, della legislazione di cui al testo unico sull'ambiente, emanato per motivazioni totalmente differenti rispetto a quelle relative allo sfruttamento minerario, costituisce certamente elemento di freno per l'avvio delle attività di valorizzazione produttiva delle discariche stesse.
Sono stati segnalati, ancora, importanti giacimenti minerari con elevate potenzialità produttive che potrebbero essere sfruttati a livello industriale, per alcuni dei quali risultano già in stato avanzato o già definiti i procedimenti di conferimento di permessi di ricerca o di concessioni minerarie; si fa riferimento ai giacimenti di bauxite e fluorite in Sardegna, di cobalto in Piemonte, di piombo e  zinco in Lombardia e di antimonio in Toscana.

Di rilevantissimo interesse strategico risulta essere un giacimento di titanio in Liguria, contenente circa il 30% delle riserve mondiali di titanio, per un valore economico variabile tra venti e trenta milioni di euro: la gran parte della mineralizzazione risulta essere ricompresa all'interno del Parco regionale del Beigua, la cui legge istitutiva espressamente prevede il divieto di estrazione mineraria.
Occorre affrontare in modo concreto e non autoreferenziale l'annoso problema dell'accettabilità sociale delle attività estrattive, la cui mancata soluzione è quasi sempre delle difficoltà di avvio e gestione di importanti attività estrattive, interessanti dal punto di vista economico e dello sviluppo industriale nazionale.

Bisogna accettare il principio, non sempre condiviso, che senza l'accordo delle comunità locali risulta per la gran parte delle volte impossibile l'avvio e la gestione di un'attività estrattiva.
L'audizione ha anche interessato la presenza di discariche minerarie dismesse o abbandonate dal punto di vista delle problematiche attuali di tipo ambientale-sanitario e della sicurezza statica di tali manufatti.

L'inventario nazionale dei depositi (discariche minerarie) dismessi o abbandonati di tipo A, come aggiornato da ISPRA nel 2017, segnala la presenza di 650 depositi, gerarchizzati in funzione del rischio medio, medio-alto e alto, di cui 630 con rischio ecologico-sanitario e 20 con rischio statico-strutturale.

Dei depositi a rischio ecologico-sanitario 108 sono classificati a rischio alto, mentre nessun deposito a rischio statico-strutturale è classificato a rischio alto; oltre la metà dei depositi ricade nelle regioni Sardegna e Lombardia.
I Commissari hanno voluto approfondire la portata, in termini di rischio ambientale, dell'inventario predisposto da ISPRA.
I rischi associati ai singoli depositi sono da ritenere, almeno per la gran parte di tali depositi, solo potenziali, in quanto le regioni devono effettuare una valutazione concreta dei rischi con indagini in loco, che a tutt'oggi per la gran parte dei depositi non è stata ancora effettuata.

I dati sopra richiamati hanno destato l'allarme dei commissari, visto il numero ingente di depositi segnalati: la situazione appare più tranquillizzante, in quanto, successivamente alla conclusione degli accertamenti regionali, il numero di depositi presenti con significativi livelli di rischio si ridurrà drasticamente. In particolare i depositi ad alto rischio ecologico-sanitario non dovrebbero risultare più di qualche decina.

Il Presidente della Commissione parlamentare ha richiesto la trasmissione alla segreteria della Commissione stessa della proposta di legge dell'ANIM, eventualmente per valutarne un utilizzo nell'ambito dei lavori parlamentari o per una proposta concreta in ambito normativo con il supporto di qualche parlamentare interessato; analoga richiesta è stata presentata relativamente alla proposta del LabMP per una politica delle materie prime.