Città architettura relazioni. Il caso della rigenerazione del quartiere Fontaìnhas nella città di Oporto

Premessa
Per la sua localizzazione privilegiata, la città di Oporto ha una relazione reciproca con il fiume Douro, che la attraversa, dando origine a forti caratteri scenici e paesaggistici.
Lo sviluppo urbano degli ultimi secoli, ha trasformato una topografia irregolare in un paesaggio di edifici discontinui ma organizzati.
La scarpata che si trova nel quartiere Fontaìnhas, a pochi passi dal centro storico Ribeira1, è un luogo di identità e memoria, pietrificata dal granito, elemento caratteristico della città portoghese.
Il quartiere è famoso, anche, per la concentrazione di problematiche che si incontrano ciclicamente in tutto il Portogallo: abitazioni degradate e abbandonate, decadenza e incuria, occupazione dello spazio pubblico da parte di gruppi di tossicodipendenti e borseggiatori, assenza di misure di controllo del degrado del paesaggio urbano.
La volontà del progetto è quella di rigenerare il quartiere, ricucendo lo strappo che esiste tra la città e la scarpata, immobile, muta e spenta.
Esso aspira a collegare la parte più bassa della città con quella più alta. L'edificio diventa elemento di connessione verticale tra le due parti, terrazza orientata verso il fiume e la sua foce, galleria e deposito museale. Ha una intenzionalità fortemente pubblica, con molteplici possibilità di fruizione.
È un progetto flessibile e dinamico, dove i protagonisti sono gli abitanti del bairro2, oltre che i visitatori delle gallerie museali.
L'edificio, di 7.000 metri quadrati, si divide in sei piani, in cui trovano spazio la hall, un cafè, un bookshop, uffici e spazi amministrativi, un auditorium con 300 posti, una sala convegni, le gallerie espositive e il deposito per le opere d'arte della Fondazione.
La zona di Fontaìnhas trasborda un'identità culturale unica, aiutata dalla sua topografia irregolare e dal contatto continuo con il fiume. Vivere in questo quartiere significa appartenere a una identità ribeirinha forte.
È importante, che chi abita questi luoghi, li torni a vivere quotidianamente e con serenità, che li senta completamente propri, ricomponendo quel sentimento di appartenenza al quartiere, oggi sbiadito.


Luogo
‘'Una città congiunta con un fiume, [...] stretto fra le pietre di qua e le pietre di là, fra Porto e Gaia''.3
Oporto è una città fortemente caratterizzata dai suoi elementi naturali: il fiume, il granito e la sua topografia. Il suo fascino risiede proprio nella drammaticità che possiede, dovuto ai condizionamenti imposti dai suoi presupposti naturali, tra cui spicca la sua pronunciata verticalità.
‘'Il pendio è ricoperto di case, le case disegnano vie, e, siccome il suolo è tutto granito su granito''4, si ha l'impressione di percorrere sentieri di montagna. Per questo, un visitatore, attraversando i diversi versanti della città, è costretto a salire e scendere gradini, disagevoli in discesa, figuriamoci in salita! Questi gradini sono stati creati nella pietra, come le case, che a poco a poco hanno spinto i massi, e lì si sono adattate. In queste strade si respira ancora una forte tradizione, le donne escono a fare il bucato nelle vasche che si trovano nei pianerottoli delle scalinate urbane, dove si trovano grandi stendardi di panni stesi in cima agli edifici. Non si può fare altrimenti che stare con il naso all'insù. Non si dimenticano i colori con cui sono dipinte le case: ‘'ocra rosso o giallo, o castano scuro. Porto è uno stile di colore, un'armonia fra il granito e i colori della terra che il granito accetta, a eccezione dell'azzurro se con in bianco trova un equilibrio nell'azulejo''.5
La città abbonda di graniti barocchi, così esuberanti e lavorati che sembrano naturali.
È fatta di vie tetre e di case del colore della terra, diventa misteriosa e affascinante quando, all'imbrunire, le luci illuminano le pendici.
Rua do Passeio das Fontaínhas si trova nella sponda nord del fiume Douro e rappresenta la sommità della scarpata compresa tra i ponti Luis I e do Infante. Questo tracciato, compreso nell'intervallo di quote di 65 e 69 metri, corona un argine di regolarizzazione del pendio roccioso, supportato da un muro in pietra di grandi dimensioni. La scarpata si trova ricoperta da terrapieni di composizione eterogenea, che costituiscono terrazzamenti supportati da muri di contenimento a contrafforte, realizzati in pietra a secco. Queste strutture esistevano già dal 1850.6
Nel quartiere Fontaìnhas esiste un vuoto a strampiombo che non fu mai edificato: attualmente è una parte estranea alla città, non presenta nessun collegamento a questa ed è un elemento di rottura tra la baixa portuense7, primo nucleo insediativo della città e oggi attrazione turistica, e la parte superiore della città.
Come si deduce dalla cartografia storica, quest'area è sempre rimasta esclusa dallo sviluppo urbano, ponendosi come una zona periferica all'interno del centro, completamente separata dal contesto. Non è poi così strano, se si pensa alla sua conformazione geomorfologica, a dir poco complessa.Tuttavia, per le potenzialità del luogo, sia urbane che paesaggistiche, risulta inammissibile una tale trascuratezza.


Relazioni con gli spazi urbani
L'occasione del progetto di un centro culturale per il quartiere Fontaìnhas diventa un'occasione di riscatto di quella parte della città, da tempo occupata da delinquenti. L'obiettivo non si limita solo al progetto di spazi di tipo museale - espositivi, ma di instaurare una vera e propria rigenerazione urbana, scatenando un macro sistema di nuove relazioni degli spazi aperti. Il progetto intende recuperare equilibri urbani mai nati, a causa della sua morfologia, manifestando il valore civile e collettivo dell'architettura.
L'edificio mette in tensione gli spazi aperti dell'invaso spaziale che lo ospitano, componendo una grande macchina per la città, alla cui base sta la figura umana: diventa elemento di connessione verticale tra la parte alta della città (Passeio das Fontaínhas e i quartieri popolari, le ilhas) e la Ribeira, in basso; diventa miradouro8, continuando la tradizione di alamedas9 e terrazze panoramiche dislocate in numerosi punti della città; diventa elemento di connessione visiva con le preesistenze del Mosteiro della Serra do Pilar, sul versante opposto del fiume, e dei ponti Luis I e do Infante, definendosi per opposizione ad essi.
Il centro culturale sarà uno spazio di interferenza, capace di relazionarsi con le opere e con i fruitori che accoglie. ‘'Noi fabbrichiamo spazio per abitudine. Lo spazio è costruito con la vita attiva. Ed è lì che sorge l'architettura. Se fai uno stesso percorso abitualmente, anche se non costruisci una casa, essa sorgerà lì. Noi siamo gli architetti della natura [...] La città è un luogo libero, non puoi costringere le persone in uno spazio pubblico; sarebbe un individualismo orribile, perché in questo caso le persone, sviluppano la consapevolezza di uno spazio immaginato dentro di loro. [...] la città è migliore quando perde le sue frontiere [...] l'architettura [...] costruisce spazi per proteggerci, accoglierci nelle situazioni impreviste della vita, non per determinare comportamenti''.10 Ancora prima del progetto, si è cercato di capire quali esigenze avesse il contesto: sono state create nuove opportunità di vita attiva, di relazioni collettive di cittadini per rappresentare valori condivisi e scenari di vita quotidiana. In questo modo, lo spazio si è fatto più interessante, denso, ricco e complesso. Tutti questi caratteri affermano prepotentemente il nuovo impianto all'interno della città.


Caratteri del progetto
Il progetto tenta di abitare un luogo ostile in cui prevalgono le forme dure e scontrose del territorio: esso si confronta con la durezza della scarpata, con la verticalità del sito e con il paesaggio. Dal punto di vista volumetrico, l'edificio ha le sembianze di una grande roccia incastrata nel terreno da sempre. Attraverso lo studio altimetrico, è stato rispettato l'andamento del terreno, inserendo, dove necessario, collegamenti per l'accesso all'edificio. Il centro culturale viene collocato alla quota più alta del sito, in modo che, dalla grande esplanada11 sulla copertura, non si abbia nessun ostacolo visivo; la strada prospiciente e la copertura giacciono alla stessa quota, in modo che si abbia un legame di continuità con la città. Dal livello stradale, si può raggiungere l'ingresso dell'edificio attraverso una rampa che fiancheggia un muro in granito, per non perdere il contatto con la tradizione e la preesistenza. La rampa di accesso diventa un filtro, una stanza a cielo aperto, tetra, che ricorda le strette vie del centro, e che ci toglie il contatto con ogni tipo di carattere spaziale, fino a quando non si raggiunge la quota dell'ingresso. L'entrata è discreta, si è assorbiti, la luce si fa intensa, siamo introdotti con forza in uno spazio che ci proietta fuori: le lunghe aperture orizzontali irradiano l'interno, disciplinano il nostro sguardo dandogli un'angolazione più ricca e rendono il panorama un quadro da ammirare.
I circuiti interni sono fluidi e dinamici, gli spazi sono moltiplicati ma non c'è interruzione tra di essi, ad esclusione del blocco baricentrico dei servizi, che equilibra e scandisce tutta la pianta. La fluidità è garantita dalla regolare griglia di pilastri.
Il piano superiore, quello d'ingresso, è quello con più valenza pubblica: qui, ci sono il bar con la relativa terrazza, il bookshop, la reception e l'auditorium.
L'interno si libera dell'involucro e scompare la simbiosi tra contenuto (spazio) e contenitore (involucro), per questo non esiste distinzione tra interno ed esterno. Possiamo affermare che è lo spazio l'ingrediente principale della composizione. Lo spazio non è classificabile: non è simmetrico, né assiale, è uno spazio che nega qualunque definizione e conformazione fissa. È un fluido che si evolve continuamente e che disconosce i principi classici di definizione spaziale. Lo spazio vuoto diventa materia costruttiva che caratterizza, ordina e gerarchizza il paesaggio.
In sezione, scendendo di quota, i piano diventano via via più privati, passando attraverso le sale espositive, fino a giungere ai depositi museali, ad uso esclusivo del personale.
Le sale espositive sono minute, orizzontali, ci schiacciano verso l'opera in mostra: è una scelta decisa nei confronti degli oggetti in mostra, di piccole dimensioni, poichè in tutta la città abbondano spazi espositivi generosi (per esempio quelli della Fondazione di Serralves di Álvaro Siza). In queste sale la luce si fa dolce, accogliente, caritevole, impassibile e immutabile, gli spazi sono chiari ed equilibrati in relazione alle opere esposte.
Il prospetto principale, quello a sud, rivolto verso il fiume e la Ribeira, diventa l'espediente principale per le relazioni paesaggistiche e per le connessioni verticali. Infatti, è qui che si concentra la grande promenade architecturale che funge da schermo protettivo della facciata, dispositivo sensoriale ed elemento di collegamento con il parco tematico del centro culturale, all'occorrenza spazio espositivo en plein air o parco urbano.
La promenade svolge un ruolo di primaria importanza negli equilibri del progetto. Le Corbusier la mette in scena in alcune delle sue architetture, tra cui villa La Roche, villa Savoye e più tardi anche in quelle indiane. Si può considerare come risultato delle considerazioni della visione peripatetica dello spazio e della fluidità che essa comporta nella composizione spaziale. La promenade è la grande macchina attraverso cui si realizza il movimento sequenziale e ascensionale attraverso l'edificio, internamente ed esternamente, è il mezzo di relazione della figura umana con il paesaggio e con l'architettura, collegando percettivamente e fisicamente tutti gli attori in gioco. Essa introduce il movimento come strumento di indagine spaziale, collega pianta ed alzato, rompendo con la rigidità degli strumenti classici di conoscenza dello spazio e fornisce la possibilità di leggere i rapporti tra le diverse altezze del progetto e del contesto.
L'istanza percettivo - spaziale diventa fondamentale nella lettura del paesaggio e della composizione progettuale, già nella cultura giapponese e nei giardini pittoreschi britannici. Anche le contemporanee esperienze di paesaggismo dimostrano come la sequenza temporale e il movimento siano mezzi importanti di comprensione del progetto. Basti pensare a come molti elementi della composizione abbiano senso in quella precisa posizione perché fondamentali nella relazione reciproca fra loro e il paesaggio circostante. Lo spazio torna ad essere perciò determinante quale materia connettiva del progetto, attraversata da collegamenti da esperire fisicamente col movimento o visivamente con lo sguardo. È questo reticolo di costruzione virtuale dello spazio a costituire le principali linee di forza del progetto e a definirne il sistema principale di percezione.12